Musica
Il nostro biglietto per le stelle
Nuovo album e tempo di bilanci per i Negrita, che nel 2014 festeggeranno 20 anni dalla pubblicazione del primo disco
Beatrice Feudale | 24 ottobre 2013
Abbiamo incontrato la band aretina in occasione dell’uscita del loro nuovo album, Déjà Vu: un doppio disco che contiene ventisei brani rivisitati in chiave semiacustica, più due inediti: Anima lieve e La tua canzone.

Come mai un greatest hits registrato come un acustico?
Drigo: È un sogno nel cassetto: ne parlavamo da anni ma non avevamo trovato il momento adatto. Poi è arrivato, durante la tournée che abbiamo fatto l’anno scorso nei teatri: non potevamo non testimoniarla con un disco. Fin da subito abbiamo deciso di risuonare tutto in studio.
Pau: Non è un greatest hits e non è un live: è un ibrido. Anche per questo è più appetibile per i ragazzi che ci seguono da tantissimi anni, possono vedere i Negrita da un’altra angolazione.
Mac: Nei live devi sempre scendere a compromessi per quanto riguarda il suono. Nel live elettrico sono minori, in un live acustico hai delle problematiche tecniche maggiori, avremmo avuto un risultato sonoro decisamente inferiore. Ecco perché la scelta di risuonare in studio.

Per quanto riguarda i due inediti, che brani sono? Sono alla Negrita?
Drigo: Anche noi facciamo fatica a capire cos’è Negrita e cosa lo è meno! Ad ogni album diamo delle sterzate, cercando di manifestare quali sono le nostre radici.
Pau: Anima lieve è più alla Negrita. Ha un sapore bluesy pur non essendo un pezzo blues: è come se ci avesse tirato fuori delle scale armoniche diverse, che non avevamo mai usato. La tua canzone invece è nata come chitarra e voce, una ballad che poi è stata prodotta con un risultato pop. È andata benissimo, anzi direi che questo pezzo ha fatto i miracoli, portandoci in cima a tutte le classifiche radiofoniche.

L’anno prossimo saranno venti anni dal primo album. Avete iniziato a fare dei bilanci tra di voi? Quali sono i momenti che hanno segnato la vostra storia?
Pau: Sicuramente quando il nostro primo batterista ci ha lasciato, e l’esperienza al Festival di Sanremo.
Mac: Dopo Sanremo decidemmo di partire e dedicarci all’avventura: il viaggio in Sud America fu importante. Siamo tornati con la testa piena di nuove sonorità; credo che sia stata una fase decisiva: l’album che ne è scaturito, L’uomo sogna di volare, ha presentato i Negrita che si confrontavano con un genere diverso rispetto a quello che avevano fatto fino ad allora. Da lì è nato anche un approccio diverso alla musica, abbiamo imparato a lasciarci andare e cambiare senza paura.
Drigo: La gara a trovare la hit è quello che ci permette di continuare a fare il nostro lavoro con dignità. Se centri una hit puoi riempire l’album con brani che sono effettivamente il genere che vuoi fare. È gratificante riuscire a raggiungere tanta gente, ti dà la dimensione di quello che è il tuo lavoro.
Pau: Se dovessi consigliare tre capisaldi per chi volesse capire il nostro stile suggerirei: il nostro primo album, in cui facevamo funky blues. Poi Reset, quello con Mama Maè, con l’elettronica che entrava per la prima volta nei nostri pezzi, infine HELLdorado, che è il mio disco preferito dei Negrita.

A che punto siete con i pezzi nuovi?
Pau: Abbiamo un po’ di materiale nel cassetto da cui abbiamo attinto per i due inediti: i brani nascono dappertutto, ad ogni ora. Appena finiamo con la promozione di questo disco e con il tour penseremo al nuovo album. Abbiamo già iniziato ad impostare il lavoro e abbiamo tanta voglia di scrivere cose nuove. Non c’è ancora nulla di definito, ma sappiamo già quale sarà la direzione del nostro prossimo lavoro.
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