L'albero degli spot
Greta Pieropan | 11 dicembre 2013
Da cosa si riconosce uno spot natalizio?
1. Musiche rock bandite. Gettonatissime, invece, le cover di brani tradizionali natalizi o canzoni più dolci, dalle melodie lente e con il cantante che quasi sussurra, meglio se donna; o coro gospel se vogliamo fare le cose in grande.
2. Illuminazioni dai colori caldi su cui cadono lenti e felici fiocchi di neve, che si depositano regolarmente al suolo (e non come fanno da me, tutti sulla strada per creare una lastra di ghiaccio così non ti muovi più da casa).
3. Alberi che si tagliano da soli pur di partecipare allo spot.
4. Ma soprattutto, baci, abbracci e tanti ma tanti sorrisi da far felici tutti, dalla A alla Z. O anche solo alla AZ, come preferite.
Qualche esempio? La sindrome da “famiglia del Mulino Bianco” contagia tutti gli spot nel periodo di Natale: a cominciare da quello dei cioccolatini che invitano ad “assaporare la bellezza” e in cui il protagonista, uno chef, che non cucina niente ma arreda casa con legnetti trovati nel bosco, contrae la malattia del dipendente Conad, si alza prestissimo ed esce al freddo per creare cestini di legno da riempire di cioccolatini per poi regalarli ad amici e familiari. Poi ci sono gli spot con gli animali. Tanto per non farci mancare nulla, Vodafone mette tutti insieme i suoi bizzarri testimonial e fa cantare il pinguino Pino (con tanto di doppio senso perché sta in piedi sui regali e la canzoncina dice “i regali sotto il Pino”). Tutti ovviamente sorridenti e in vena di giochi. Anche Tim non manca all’appuntamento e ci fa vedere Chiara e famiglia, le coinquiline, il vicino di casa in piazza a scambiarsi regali sotto un albero di design (voglio anche io delle coinquiline che mi facciano regali così!). Mentre Wind riesce nell’impresa impossibile! Creare, grazie alle magiche offerte natalizie, una riunione di condominio in cui tutti vadano d’accordo, nonostante la mancanza di fondi, e decidano di contribuire equamente alla realizzazione del Natale. Più che un miracolo delle feste, un’utopia. Insomma, direte voi lettori, ci state distruggendo lo spirito natalizio! Era il nostro intento, in effetti. Così, per ridere un po’ dei cliché, che a Natale si sprecano. Finché non abbiamo incontrato lo spot che ci ha fatto capire perché quei cliché funzionino ancora così bene. Non lo troverete sulle televisioni italiane, perché è lo spot virale di Harvey Nichols, catena di negozi inglese che ha creato una “Christmas collection” fatta di oggetti di uso comune: elastici, stuzzicadenti, graffette... con l’accorgimento di impacchettarli e di apporre sulla confezione il simbolo dello store e l’hashtag “I spent it on myself”. Il messaggio, quindi, è: anziché spendere i soldi per comprarti un regalo sperando che ti piaccia, ho comprato qualcosa di molto costoso per me e una sciocchezza per te. E così accade nello spot: una ragazza regala degli elastici al padre e indossa scarpe di marca, il padre regala il tappo da lavandino al figlio così la moglie può avere il vestito nuovo, la fidanzata regala stuzzicadenti alla dolce metà tenendo stretta a sé la nuovissima it-bag. Il tutto con tanto di sorrisi e entusiasmo di chi il regalo l’ha comprato. Molto meno di chi l’ha ricevuto. Lì per lì ci ha fatto ridere vedere uno spot finalmente diverso. E un po’ rispecchia anche la realtà: vorremmo levarci un capriccio e invece dobbiamo risparmiare perché altrimenti “il cugino del cognato della sorella di tuo zio, se non gli fai un regalo, ci rimane male”. Ma in fondo ci piace l’idea che a Natale si possa essere davvero più buoni e, siccome abbiamo panettone o cioccolata al posto del sangue, promuoviamo lo spot di Coca Cola, in cui Babbo Natale lancia una stella in cielo che risolve tutti i problemi. Da Antispot tanti auguri di felici Feste a tutti voi, che crediate in Babbo Natale o nei regali sotto i pinguini, che vi sentiate Grinch o cantante gospel delle pubblicità dei panettoni.
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