Manuela o Bridget?
Greta Pieropan | 5 February 2016

In generale gli spot di Intimissimi ci piacciono: sono tra i pochi ai quali non possiamo muovere la critica di utilizzare donne poco vestite. D’altronde vendono quello che sta sotto ai vestiti, l’intimo, dovranno anche far vedere il prodotto! In più di solito lo fanno con molta eleganza, mettendo al centro il prodotto: ricordate quel nastro che volava al reggiseno nella scatola, con in sottofondo una musica che neanche Trilli sull’Isola che non c’è li suona così i campanellini? E si focalizzano anche sulle destinatarie, ovvero le donne: bella l’idea dell’hashtag #IAmAStory, che rende protagoniste 8 donne differenti per età, Paese e storia, come persone prima che come target. Complimenti. Però. C’è un però. Proprio c’è qualcosa che non va nello spot della studentessa di Madrid: la ragazza sembra vivere in un hangar spoglio, pieno di libri, e per fortuna che a Madrid fa caldo perché l’arredamento è costituito da un ventilatore, ma soprattutto studia tutta felice in mezzo a una pila di libri in… biancheria intima! 

Allora riflettiamo: d’accordo l’hangar senza arredamento, magari mamma ancora non è passata a farle visita, oppure ha impegnato tutto per pagare la retta dell’università; d’accordo la pila di libri; d’accordo il ventilatore, che gli studenti di Milano conoscono bene e abbracciano da maggio a settembre; ma la vera studentessa non studia in biancheria, studia col pigiamone in stile Bridget Jones! Quello sformato, di un color carta di zucchero-quasi-grigio-forse-era-rosa-ma-ha-sbagliato-la-lavatrice, con i pantaloni infilati nei calzettoni e la tazza di te fumante in mano. Perciò, pubblicitari, basta propinarci studenti perfettini: secchioni o abbonati al 18 politico (o al 6 politico), il prodotto che fa per noi non è il modello “Manuela”, ma il modello “Bridget Jones”!

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