Sport
Grazie Sinisa e Luca, la vostra lezione non sarà mai dimenticata
Nell’ultimo mese ci hanno lasciato due leggende del calcio italiano, lasciando ad ognuno di noi un grande vuoto ed una lezione da non dimenticare
Luca Bianchi | 9 gennaio 2023

Le ultime settimane sono state segnate da gravi lutti per lo sport italiano, che ha perso due colonne portanti come Sinisa Mihajlovic (scomparso il 16 dicembre a 53 anni) e Gianluca Vialli (scomparso il 6 gennaio a 58 anni). Due personaggi diversi, con caratteri, ruoli e carriere diverse, ma con un destino terribilmente ed ingiustamente simile, che se li è portati via fin troppo presto. Erano entrambi malati di tumore, entrambi hanno combattuto strenuamente contro il male, dando speranza e, soprattutto, mostrando la stessa forza d’animo che li ha sempre contraddistinti sul campo. Due uomini mai banali, con infanzie diverse. 

Cuore d'acciaio

Sinisa, come spesso ricordava, ha vissuto da bambino in prima persona la guerra dei balcani,che gli ha imposto una crescita prematura. Questa esperienza  ha forgiato il suo carattere forte e da guerriero, che ha fatto innamorare i tifosi delle squadre nelle quali ha militato da giocatore ed allenatore nella sua lunga carriera. Si è fatto conoscere alla Stella Rossa, dove ha vinto da protagonista la sua unica coppa campioni della carriera, a Bari nel 1991. Da lì, il lungo girovagare per il Belpaese, prima alla Roma, poi alla Samp dove iniziò a farsi conoscere per i suoi calci di punizione. Il passaggio nel ‘98 alla Lazio ha rappresentato l’apice della sua carriera. In biancoceleste ha vinto tutto in Italia e 2 trofei europei (Coppa delle coppe e supercoppa), segnando gol storici come a Stamford Bridge nel 1998. Ha chiuso all'Inter nel 2006 la sua carriera da giocatore, dando il via a quella da allenatore. Prima ai nerazzurri come vice dell’amico Mancini, in seguito da primo allenatore sulle panchine di Catania e Fiorentina; due esperienze non brillanti, che non gli hanno impedito però di sedersi sulla panchina della sua Serbia, dove non ha però ottenuto grandi risultati. Nel 2014 è tornato alla Sampdoria, dove è riuscito finalmente ad ottenere piazzamenti di rilievo, come il 7° posto nel 2014-15. Ciò gli è valso la chiamata del Milan per la stagione successiva, dove però non è riuscito a rilanciare i rossoneri nel momento forse più difficile della loro storia recente, con conseguente  esonero nell’Aprile dello stesso anno. È ripartito da Torino, dove si è reso protagonista di un’ottima stagione d’esordio, grazie al nono posto conquistato, venendo però cacciato nel Gennaio 2018. Dopo una parentesi di soli 9 giorni a Lisbona, è subentrato ad Inzaghi sulla panchina del Bologna nel gennaio 2019, conducendo i felsinei ad una salvezza insperata. È stata l’ultima stagione normale della sua carriera, poiché nell’Agosto dello stesso anno ha annunciato con una struggente conferenza stampa la sua malattia. Nonostante questo, è rimasto allenatore dei rossoblu per altre 3 stagioni buone per il Bologna, prima di essere esonerato il 6 settembre 2022, decisione che Joey Saputo definirà come “la più difficile da presidente”. Per definizione  Sinisa non poteva essere uomo spogliatoio, amichevole con tifosi e giocatori avversari, che ne hanno sempre riconosciuto la grinta e il carattere. Da quel terribile giorno di Agosto di 3 anni fa, invece, siamo diventati tutti tifosi di Sinisa. È stato applaudito in ogni stadio d’Italia, anche in quelli a lui più avversi, poiché il suo esempio ha segnato tutti.

Stradivialli, capitano di vita

 Gianluca, invece, era di buona famiglia, cresciuto a Cremona ed esploso proprio in maglia Cremonese, con la quale ha esordito e segnato in Serie B. L’esordio in A, invece, è arrivato con la Samp nel 1984, nella squadra che diventò casa sua e con la quale è diventato grande, grazie allo Scudetto del ‘91, 3 Coppe Italia, 1 Supercoppa e 1 Coppa delle coppe. Questo ricco bottino gli è valso la chiamata della Juventus. L’avventura a Torino è stata opaca nei primi anni, ma la svolta è arrivata con l’avvento di Marcello Lippi in panchina. Sotto l’egida del viareggino, Gianluca ha trascinato i bianconeri al primo scudetto dopo 9 anni di astinenza e la Champions del 96’, alzata da capitano nella finale di Roma contro l’Ajax, nella notte che l’ha reso immortale. Infine, il passaggio al Chelsea, dove si fece amare per il suo carattere da trascinatore e leader, dando il via alla crescita del Chelsea in campo nazionale ed internazionale. Proprio nei blues iniziò la sua breve carriera da allenatore, venendo nominato player manager nel 1998, ritirandosi da calciatore l’anno seguente. La panchina, però, capì presto che non era la sua strada; dopo l’esonero dal Watford, decise d’intraprendere una lunga carriera da opinionista ed analista calcistico. Nel 2017, gli venne diagnosticato un tumore al pancreas che cambiò tutto. L’annuncio, come per Mihajlovic, ha scioccato l’Italia, ma non ha fermato la sua passione sconfinata e la sua missione nel mondo del calcio, che doveva ancora regalargli l’ultima emozione, una delle più belle e toccanti: al fianco dell’amico fraterno Mancini, nelle vesti di consigliere, ha vinto l’Europeo 2021, avendo un ruolo determinante nella coesione del gruppo. Era un uomo che sapeva unire come pochi, per il suo animo gentile e mai sopra le righe, che è stato esempio per milioni di tifosi e centinaia di professionisti, con lo spirito guida da Capitano di vita e di campo. 

Cosa ci hanno lasciato

Come abbiamo visto, Gianluca e Sinisa sono stati personaggi diversi. Hanno avuto infanzie, caratteri e carriere diverse. Sono stati diversi per il modo d’intendere il calcio, di porsi e giocare. Negli ultimi anni, però, si sono avvicinati, essendo (purtroppo) colpiti dallo stesso male. Quest’ultimo non ha scalfito la loro volontà di lottare, di sopravvivere e di dimostrare che, alla fine, la malattia non era più forte di loro, e hanno avuto ragione. A volte si legge, con eccessiva retorica, che una persona "ha vinto, o ha perso, la sua battaglia contro la malattia". A mio avviso in questi frangenti la vera vittoria sta nel combattere, prima ancora che nello sconfiggere il male. Vialli e Mihajlovic hanno incarnato questo concetto con anima e corpo, dentro e fuori dal campo, combattendo come leoni, fino all’ultimo secondo della loro esistenza. Questo significa vincere. Resteranno i ricordi, le immagini, le parole. Ma sarà tutto superfluo se non saremo capaci di mantenere in vita i loro insegnamenti, i più importanti che tutti noi dovremmo sempre seguire. Per questo e per tanto altro… GRAZIE GIANLUCA, GRAZIE SINISA

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