Calciatrici, giornaliste, dirigenti sportive, arbitre, allenatrici. Siamo donne del calcio, accomunate da una battaglia comune: quella di combattere contro la discriminazione di genere.
La discriminazione di genere è un fenomeno gravemente diffuso nel calcio italiano. Ogni anno ci impegniamo a contrastarlo, chi attraverso la divulgazione, chi attraverso campagne di sensibilizzazione, ma mettere un punto risulta essere una guerra persa.
Ci chiediamo spesso come mai sia così difficile romperlo; è un quesito a cui non abbiamo mai trovato risposta. È come se ormai la società ci avesse fatto tristemente l’abitudine: viviamo in un contesto socioculturale in cui il sessismo è così radicato all’interno dello sport che di fronte ad esso non proviamo neanche più indignazione, ma tiriamo un sospiro di sconforto e speriamo che in qualche modo questo circolo vizioso si fermerà; ma no, non si ferma e ogni volta ritorniamo al punto di partenza, è un gatto che si morde la coda da anni, e non cesserà mai di mordere.
Potremmo stare ore e ore a interrogarci sulle cause, ma il problema di fondo è sicuramente la cultura: in Italia la chiave di lettura del calcio è fortemente (e unicamente) maschile, al cui interno noi donne non siamo le benvenute. Per quanto abbiamo combattuto per anni per aprire portoni e abbattere barriere, per quanta fatica e sudore abbiamo versato per costruire la nostra strada, ci sarà sempre la persona pronta a ribattere con la classica affermazione: sei una donna, non puoi giocare a calcio.
E non siamo solo calciatrici in difficoltà. Siamo giornaliste, che riscontriamo insidie nell'avviare una carriera nel giornalismo sportivo, in quanto ritenute non in grado di raccontare il calcio o poco appariscenti. Siamo arbitre, vittime di violenza verbale da parte di uomini dagli spalti che ci incitano di ritornare in cucina. Siamo dirigenti sportive prese di mira, giudicate incapaci, allenatrici ritenute scarse in quanto donne, e potremmo andare avanti ancora e ancora.
Questo è sessismo, questa è violenza pura. E no, non sarà un semplice post di sensibilizzazione di qualche pagina sportiva a cambiare le cose, se tanto poi i commenti degli utenti recitano tornatevene dove dovete stare, a cucinare, lavare, stirare. Non bastano i segni rossi sul viso o il pallone rosso, se tanto poi ancora una calciatrice, arbitra, giornalista, dirigente e allenatrice subisce discriminazioni.
Non serve la giornata internazionale contro la violenza sulle donne se comunque ci ostiniamo a non voler cambiare le cose. Perché sì, è fondamentale riflettere sulla gravità del tema e usare la voce per sensibilizzare, ma vogliamo un esito differente.
Siamo stanche di essere prese in giro, e vorremmo che ogni pregiudizio e barriera si distruggessero. Vorremmo seguire le nostre passioni senza essere giudicate ma, soprattutto, vorremmo sentirci libere.




