Tra maggio e giugno 2025, le loro voci si sono unite a quelle di altri giovani europei nel progetto "Ways of Europe", finanziato dalla Commissione Europea e promosso da una rete di partner europei con Arci Solidarietà come capofila. Ma più che un progetto, è stato un viaggio: dentro il presente dell’isola, dentro le contraddizioni dell’Europa, e soprattutto dentro le speranze di chi ci vive.
Lampedusa è spesso raccontata come confine, come approdo. Ma per chi ci abita è anche casa, scuola, punto di partenza. Un luogo da cui si sogna di andare via, ma anche uno spazio da cui ripartire per cambiare le cose. Lo hanno dimostrato proprio le studentesse e gli studenti delle prime e seconde del Liceo Majorana, coinvolti nei “dialoghi sul futuro”, una metodologia maieutica nata in Finlandia che invita a immaginare scenari positivi e a costruirli, passo dopo passo. E così, siamo nel maggio 2027.
Gli sbarchi ora sono legalizzati, i naufragi drasticamente ridotti. I ragazzi vedono un’isola diversa: meno militari, meno emergenza, più accoglienza. “Le persone arrivano in modo sicuro, con i documenti”, raccontano. “Ora ci sentiamo cittadini migliori”. C’è chi pensa a nuovi voli diretti per chi fugge da guerre e povertà, chi immagina un centro d’accoglienza più umano, chi vede i migranti come parte attiva della comunità, non solo come numeri in tv. Ma dietro questa visione positiva, ci sono le loro paure di oggi. “Mi preoccupava che morissero donne e bambini in mare”, dice uno studente. “Pensavo che quello che facevo non fosse importante”, confessa un altro. Nei dialoghi, però, è emersa una nuova consapevolezza: il cambiamento parte da ciascuno di noi. “Abbiamo dato più peso alle nostre azioni”, dicono. “Ci siamo aiutati tutti, come isola”. E anche chi sente che la propria vita quotidiana è rimasta invariata, riconosce che il clima nell’isola futura è più sereno. “Siamo più tranquilli. Prima avevamo paura del diverso, ora no”. Il cambiamento, per loro, passa anche dalla possibilità di immaginarsi protagonisti. “Mi ha aiutato pensare che, anche se sono un semplice cittadino, posso contribuire. Anche solo non ascoltando chi giudica e andando avanti per la mia strada”, racconta Pietro. “Sono contento che oggi le persone arrivino senza rischiare la vita e che siano diminuiti i naufragi”, aggiunge Samuel, 16 anni. E c’è chi sottolinea l’impatto sulla comunità: “Prima c’erano sempre ambulanze, polizia, caos. Ora è tutto più sicuro per tutti”.
Non solo accoglienza. Gli studenti hanno riflettuto anche su temi globali come il cambiamento climatico e il turismo. “Se il livello del mare si alza, perderemo grotte e spiagge”, dice Emma. “Le fogne non ce la fanno già ora con tutti i turisti estivi”, osserva Walter. Qualcuno è scettico: “Secondo me non sarà facile avere un turismo sostenibile, perché siamo già troppi in estate”. Altri, invece, credono nella possibilità di invertire la rotta. “Dobbiamo inventare nuovi modi per accogliere i visitatori senza distruggere l’isola”, propongono. Alla fine del laboratorio, ogni ragazza e ragazzo ha scritto una lettera a sé stesso nel passato. Un piccolo atto di fiducia verso il proprio futuro. “Caro me del 2025, non ti devi più preoccu- pare. Le cose stanno migliorando”, scrive Anita. “Non ascoltare i giudizi degli altri. Vai avanti e ce la farai”, dice Gioia. “Sii meno pigro. Fai più cose, impegnati davvero”, aggiunge con ironia chi si è preso sul serio per la prima volta. Altri pensano già oltre: “Ora che ho un lavoro e sono indipendente, posso finalmente comprarmi ciò che voglio”.
Queste parole, raccolte in un manifesto collettivo, sono un messaggio chiaro a chi decide: “Non trattateci come simboli o spettatori”, scrivono. “Siamo cittadini europei con diritti e sogni. Restare a Lampedusa non può essere solo un atto di coraggio, ma una scelta vera, possibile”. Chiedono investimenti nella scuola, nella sanità, nella cultura, nello spazio pubblico. E soprattutto chiedono di essere ascoltati. Perché il futuro dell’Europa, in fondo, è già cominciato. E lo stanno scrivendo loro.