Attualità
Quello che le donne non meritano, versione XXL
Le ingiustizie e le discriminazioni di genere subite dalle donne nell’ultimo mese
Gaia Canestri | 25 novembre 2025
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Quello che le donne non meritano è una rubrica pubblicata mensilmente sulla rivista di Zai.Net, nata con lo scopo di fare luce sulle violenze che le donne subiscono ogni giorno. Dagli stereotipi alla discriminazione di genere con un focus specifico sulla violenza perpetrata attraverso i media e, spesso, per mano dei media stessi, che si tratti di carta stampata o web poco importa. Quello che le donne non meritano è online tutti i mesi, non conosce riposo così come non conoscono pace le donne costrette a subire violazioni continuamente; e non si ferma neanche questo mese in cui cade la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.

Ci piacerebbe dire che questo mese siamo costretti a interrompere la rubrica per mancanza di materiale, che le notizie che intercettiamo sono sempre meno, che tenere questa rubrica in piedi è sempre più difficile, ma la verità è che mai come negli ultimi 20 giorni siamo state sommerse da una tale quantità di storie di violenza e abusi; così abbiamo deciso di non limitarci a sceglierne due, ma di pubblicarle tutte.

C'è a chi piace la moglie cotta

“Perché c’è a chi piace cruda e a chi cotta la moglie”. A pronunciare queste parole è l’ex senatore Vincenzo D’Anna, oggi Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei biologi, sotto un post del Corriere della Sera dedicato alla storia di Valentina Pitzalis. Quattordici anni fa il suo ex marito la cosparse di cherosene e le diede fuoco, sopravvissuta al tentato femminicidio e agli anni di odio e aggressioni online a causa della morte del suo aggressore (deceduto nel rogo da lui appiccato), ora Valentina, e tutti noi, ci troviamo a fare i conti con l’ennesima forma di violenza. “La mia voleva essere una risposta sarcastica e ipotetica alla domanda che una donna si era posta nel raccontare la sua atroce esperienza. Ho immaginato la battuta che quel folle individuo avrebbe potuto dare”. Non abbiamo bisogno di ironia per arginare e combattere il fenomeno della violenza di genere, non abbiamo bisogno neanche di ipotetiche risposte sarcastiche; avremmo piuttosto bisogno di comprendere davvero che è da lì, dalla mancata responsabilità che attribuivamo alle parole, che questo fenomeno affonda le radici.

Nelle ultime ore la Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi ha espresso profonda solidarietà al suo Presidente in un comunicato stampa, denunciando la "campagna di denigrazione e delegittimazione" che ha colpito D'Anna. Ed è qui, in queste poche righe, che emerge l'origine del problema: non siamo ancora disposti ad assumerci, tutti quanti, le responsabilità di un fenomeno che è molto più vasto della violenza, fisica o verbale, nei confronti di una donna. Possiamo segnarci di rosso la faccia con il rossetto ogni 25 novembre, ma il problema sarà sempre lì anche il giorno dopo, e non lo risolveremo fin quando non accetteremo che alla base del femminicidio c'è un clima di delegittimazione della donna e superficialità nei confronti di commenti, battute "sarcastiche e ipotetiche" che sulla bilancia pesano più di quanto si possa pensare.

Zitta e applaudi 

Nel mondo dello sport, dal tennis alla pallavolo, dal calcio all’atletica, c’è una parola che fa da protagonista assoluta: fair play; eppure siamo ancora ben lontani dal puntare i riflettori su un’altra parola: uguaglianza, a partire da quella di genere. Ce lo dimostra il trattamento che alcuni sportivi riservano alle proprie compagne, spesso esibite come veri e propri trofei e successivamente discriminate nelle modalità più svariate. In un’intervista da Pier Morgan Cristiano Ronaldo ha raccontato che “Georgina si prende cura della casa. Se lei volesse il contrario io non ho intenzione di farlo… gli uomini non possono occuparsi onestamente”. Altre volte a discriminare le partner degli sportivi sono gli spettatori stessi, o peggio ancora la stampa, come successo ultimamente con il caso Hasanovic. Si tratta della compagna del tennista Jannik Sinner, protagonista delle testate giornalistiche dopo le ATP Finals, apprezzata soprattutto perché “garbata e discreta”, una donna “dal basso profilo” tanto da confondersi nel pubblico e non oscurare la luce del fidanzato. Il “premio alla sua pazienza” è stata la “promozione nel box del tennista in terza fila”, così dicono i giornali. Più che sul campo, forse, il fair play ci servirebbe nella quotidianità.

Stai zitta porcellina

Queste parole, "stai zitta porcellina", sono state pronunciate dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nei confronti di una giornalista. Trump è già stato protagonista più volte della nostra rubrica, e quasi sempre per insulti sessisti rivolti alle giornaliste, non si tratta dunque di una novità. Stavolta a ricevere l'insulto è stata Catherine Lucey, giornalista di Bloomberg, nel tentativo di rivolgere una domanda al Presidente riguardo le email di Jeffrey Epstein, condannato per traffico internazionale di minori e abusi sessuali. Così il Presidente ha messo a tacere la giornalista e successivamente è andato avanti ascoltando le domande degli altri giornalisti e rispondendo, seppur controvoglia. Potremmo soffermarci sulla gravità di queste parole pronunciate da un Presidente, colui che dovrebbe rappresentare gli interessi della propria Nazione e lavorare ogni giorno, con le azioni e le parole, per rendere effettiva la parità e l'uguaglianza tra i cittadini; oppure potremmo sottolineare come questo episodio dimostri che ancora oggi alle donne non è possibile svolgere il proprio lavoro al pari di un uomo. Se è un giornalista uomo a fare una domanda su Jeffrey Epstein, nessuno penserà che sia un pervertito e arriverà sempre una risposta, ma se è una donna, al posto della risposta con buone probabilità arriverà un insulto sessista, come in questo caso.

Grazie perché sono viva 

"Ogni donna che viene uccisa è troppo, ma bisogna anche fare l'inverso: ogni donna che non viene uccisa è un fatto positivo". In questa giornata di ricordo e riflessione sul tema della violenza di genere hanno fatto scalpore le parole di Eugenia Maria Roccella, Ministra per le pari opportunità e la famiglia, che si era espressa così pochi giorni fa a una conferenza tenuta proprio sul tema della lotta ai femminicidi. Il diritto alla vita e all'esistenza libera è sancito in maniera inconfutabile all'interno della nostra Costituzione, oltre ad essere il principio cardine che muove l'ordine politico e sociale da qualche secolo a questa parte. Per quanto le parole della Ministra volessero probabilmente esprimere altro, ciò che si comprende è un invito a festeggiare perché siamo ancora vive, perché un uomo ci ha concesso il diritto di esistere e ha deciso che non è ancora tempo di portarcelo via. Le parole sono un arma potente e a volte ci mostrano come al di là delle intenzioni si nasconde una profonda cultura patriarcale difficile da sradicare.

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