Atleta e donna... quindi che lavoro fai?
“Sono un atleta, esattamente come un calciatore”. Così inizia lo sfogo di Gaia Sabbatini, mezzofondista abruzzese, sui social. Gaia Sabbatini è un’atleta classe 1999 appartenente al corpo delle Fiamme Azzurre; recentemente ha postato su Tiktok un video dai toni ironici in cui risponde alle domande degli haters che si chiedono che lavoro faccia, e se “correre sia il suo unico lavoro”. Sabbatini con il sorriso e l’ironia ci fa in realtà riflettere su una questione ben più profonda: l’atleta si chiede perché un calciatore meriti la stima delle persone per il suo lavoro (che come ricorda consiste tra le altre cose nel correre, esattamente come lei) mentre lei si trovi costretta a ri- spondere ripetutamente a domande come “ma oltre a correre che lavoro fai?”, come se il suo lavoro meritasse meno stima o rispetto del lavoro di qualsiasi altro atleta, specialmente se uomo. Lo sport è un mondo in cui a far da padrona è la parola fair play, ma la stessa sensibilità dovrebbe essere rivolta anche alle atlete donne, senza dimenticarci che un gioco è davvero giusto solo quando non conosce discriminazioni, di nazionalità, ma anche di genere.
Un corpo che non esiste ma che porta il mio nome
“Mi chiamo Arianna, ho 19 anni e sto registrando questo video con le mani che tremano e il cuore pesante. A maggio la mia vita è stata travolta da un’ondata di odio e violenza”. La ragazza ha denunciato sui social l’ennesimo caso di violazione della privacy e revenge porn, questa volta però la storia è diversa. Arianna racconta che la foto diffusa in realtà era una semplice immagine che la ritraeva vestita, e che lei aveva scattato per se stessa, ma che è stata poi ritoccata e modificata con l’intelligenza artificiale per denudarla e ritrarla con un corpo che non le appartiene. L’immagine che non esiste però porta il nome e la faccia della ragazza, e in breve tempo si è diffusa a macchia d’olio sul web. Dopo qualche mese le foto sono state modificate ulteriormente e diffuse aggiungendo frasi sessualizzanti e degradanti come “Tutto gratis”, “Offro servizi competi” è molto altro. La situazione, già degenerata, è stata aggravata dalla diffusione del suo numero telefonico e il suo indirizzo. Tutto ciò ci porta a chiederci solo una cosa: fino a dove può spingersi l’utilizzo dell’intelligenza artificiale? E fino a dove può spingersi invece la cattiveria umana?